Amplificazioni retroazionate: criteri di progetto (1a parte)

Viviamo in un periodo storico in cui molti vedono la retroazione come il capro espiatorio perfetto, trovando in tal modo lo sbocco commerciale per proporre amplificatori zero feedback che appartengono (chi più chi meno) alla fabbrica “dei colori” (ovvero delle colorazioni) riuscendo a convincere l’appassionato medio che, una differenza dovuta a non linearità (palesemente evidenziata da una semplice risposta in frequenza su carico reale), corrisponda ad un miglioramento qualitativo. Personalmente mi ritrovo anche su questo aspetto a nuotare controcorrente. Mi limito a ricordare a tutti che la storia insegna sempre a chi si sofferma ad osservarla e nessun amplificatore zero feedback è passato alla storia dell’alta fedeltà come ben suonante. Chi vuole intendere intenda, chiusa parentesi.
Ci occuperemo quindi di amplificazioni dotate di feedback cercando di comprendere, con pragmaticità, cosa è effettivamente importante sul suono e cosa non lo è e per fare questo non ci limiteremo alle teorie ma applicheremo il metodo galileiano (così demodè…), detto anche metodo sperimentale o scientifico, per suffragare o meno le teorie con i fatti.

Cercherò, come al solito, di affrontare l’argomento nel modo il più possibile comprensibile a tutti anche se non è possibile esimersi da alcuni concetti prettamente tecnici, so bene che gli Ing. in ascolto storceranno il naso in alcuni casi di fronte a definizioni non molto ortodosse ma utilizzate al fine di una comprensione più alla portata di tutti.
Scrivo quando ho tempo per cui abbiate pazienza  🙂

In un ampli con retroazione negativa il segnale riportato all’ingresso con fase opposta si somma al segnale entrante determinando molteplici effetti: la riduzione del guadagno, la riduzione della distorsione, l’aumento della banda passante, la diminuzione dell’impedenza di uscita (ovvero l’aumento del fattore di smorzamento) e il conseguente miglioramento della linearità su carico reale. Purtroppo in tutte le medaglie c’è un rovescio. Ogni stadio amplificatore ha un suo ritardo di fase che si evidenzia al crescere della frequenza trasformando detto stadio in un quadripolo passa basso con una “ft” che dipende sia dalle caratteristiche intrinseche (capacità parassite) dei dispositivi attivi utilizzati che, ovviamente, dalla tipologia di circuito utilizzata. Un amplificatore retroazionato per utilizzo hifi è mediamente composto da tre stadi. Con quattro stadi si avrebbero infatti eccessivi ritardi di fase (ma qualcuno ancora utilizza tale tipologia) e con due stadi ci sarebbero problemi per arrivare ad un sufficiente guadagno open loop che non permetterebbe di applicare un adeguato tasso di retroazione. La soluzione a tre stadi è sicuramente la più adottata. Avremo quindi:
-stadio di ingresso che deve essere a basso rumore ed effettuare una prima amplificazione in tensione nonchè la generazione del segnale di correzione a fronte della sommatoria tra segnale di ingresso e segnale di retroazione
-secondo stadio (vas) a cui è attribuito il compito di amplificare sia in tensione (fornendo l’intero swing di tensione erogabile) che (in misura minore) in corrente, per poter pilotare, senza venirne “caricato” il successivo stadio
-terzo stadio o stadio finale che presenta (quasi) sempre guadagno unitario in tensione ma si occupa dell’amplificazione in corrente dell’amplificatore.

A seguito vedremo un approccio (tra i tanti possibili) a quello che è forse l’aspetto più spinoso in un amplificatore controreazionato ovvero la compensazione in frequenza. Questo aspetto non affligge gli ampli zero feedback che hanno sì un problema in meno da risolvere ma in compenso ne presentano altri irrisolvibili (non mi riferisco in questo caso a regole relative all’interfacciamento circuito/telaio ma di convenzionali prestazioni di linearità e ridotta impedenza di uscita).
In un amplificatore controreazionato il ritardo di fase tra ingresso e uscita può essere considerevole e sarà la somma dello sfasamento di ciascuno stadio. E’ sufficiente però arrivare ad uno sfasamento di 180° complessivi, riportando all’ingresso attraverso l’anello di retroazione, un segnale in fase col segnale di ingresso, per fare diventare il nostro ampli un bell’oscillatore con relativa cortina fumogena…
Per evitare questo, chi si approccia al calcolo di un amplificatore con retroazione negativa, deve fare i conti con i criteri di stabilità riducendo a zero dB il fattore di retroazione quando ci si avvicina ad uno sfasamento in/out di 180°. Questo sia ben chiaro non c’entra ancora col buon suono ma c’entra solo con la possibilità che un ampli controreazionato possa funzionare!
Per analizzare la funzione di trasferimento e valutare i criteri di stabilità si possono utilizzare i diagrammi di Bode, il criterio di Nyquist o il luogo delle radici.


Supponendo un classico ampli a tre stadi, accoppiato tra gli stadi in continua, avremo 3 poli naturali (uno per stadio) .
Per ridurre il guadagno dell’ampli ad anello aperto e permettere quanto sopra si effettua un’operazione detta “di compensazione” che si può adeguatamente calcolare conoscendo le caratteristiche dei dispositivi attivi impiegati sul circuito e disponendo nel luogo delle radici i poli e gli eventuali zeri presenti nell’ampli: il “polo” si può intendere come il punto in cui si ha la frequenza di taglio passa basso di uno specifico stadio mentre con lo “zero” (nel nostro caso di ampli accoppiato tra gli stadi in continua) si intende l’intervento effettuato per compensare in fase e guadagno il polo (so bene che questa è una definizione ben poco ortodossa ma…per dare l’idea va bene).
L’approccio alla compensazione può essere molto vario ma generalmente per problemi legati alla semplicità di calcolo e soprattutto alla variabilità delle caratteristiche di frequenza di transizione dei dispositivi attivi in funzione della corrente e della temperatura, si preferisce la soluzione cosiddetta con “polo dominante” ovvero una volta calcolati i poli dei singoli stadi si inserisce una filtratura “maggiorativa” in uno di essi che quindi diventa dominante. Come e dove porre tale filtratura ?
Iniziamo col vedere come…poi vedremo anche dove è meglio porla. A questo punto si possono scegliere due strade: quella breve e quella rognosa.
Come al solito quella rognosa comporta dei vantaggi.
-La strada breve consiste nel porre come obiettivo di progetto dell’ampli closed loop un valore di banda passante non molto ambizioso…ovvero un valore che permetta “solo” di mantenerci flat a 20KHz. Supponiamo (solo un esempio con cifre “tonde” al fine di una migliore comprensione) di voler progettare un ampli che ad anello chiuso ha un guadagno Ac = 10 (20dB) e una banda passante con un taglio superiore per ft = 100KHz, supponiamo inoltre di porre un fattore di retroazione di 40dB (ovvero 100), di conseguenza sappiamo che il guadagno dell’ampli ad anello aperto dovrà essere pari a 60dB (40+20dB) ovvero Ao =1000. Ora se vogliamo che il fattore di retroazione sia pari a 0 dB a 100KHz dovremo porre il nostro polo dominante in base alla relazione fp = ft x Ac / Ao quindi nel nostro caso fp = 1KHz. Ciò significa che il fattore di retroazione inizierà a diminuire ad iniziare da questa frequenza in piena gamma media.
In realtà i poli dominanti ricadono pressoché sempre in gamma audio (sia a causa di fattori di retroazione simili o maggiori a quello del suddetto esempio, sia per mantenersi maggiormente distanti dai poli naturali presenti nell’ampli potendo mantenere un migliore margine di stabilità), questa strada “breve” ci ha però consentito di fare a meno di rilevare i poli naturali di ciascun stadio in quanto mediamente sempre superiori ai 100KHz a cui noi abbiamo già un fattore di retroazione pari a 0dB.
Il limite di tale scelta è appunto la riduzione del fattore di retroazione ad iniziare dal nostro polo dominante di 1KHz. Con tale esempio a 10KHz non avremo 40dB di retroazione ma ne avremo solo 20 per cui aumenterà di conseguenza anche l’impedenza di uscita all’estremo alto della banda audio, la distorsione ma soprattutto la non linearità di risposta in frequenza su carico reale.
-La strada rognosa (come avrete già compreso) è invece quella che presuppone la determinazione dei poli naturali di ciascuno stadio con la speranza che i dati di targa (capacità parassite e non solo…) presenti nei datasheet dei dispositivi attivi siano sufficientemente corrispondenti al vero. A fronte di tale determinazione si possono fare scelte maggiormente precise e mirate, pur ponendo sempre un polo dominante. Avendo stabilito i poli naturali degli stadi si può ad esempio inserire uno zero “mirato” alla medesima frequenza del polo naturale del VAS (“voltage amplifier stage” ovvero il secondo stadio amplificatore in tensione). Ciò permette di avere una banda passante closed loop molto più ampia pur mantenendo stabile l’amplificatore. Il polo dominante (conoscendo con precisione i poli naturali degli stadi) può in tal modo essere posto più spostato verso il limite superiore della banda audio mantenendoci sempre ben distanti dal polo naturale più vicino e  ottenendo in tal modo un’impedenza di uscita costante a tutte (o quasi) le frequenze udibili. E’ importante quindi cercare il miglior compromesso possibile tra:
-un polo dominante spostato il più possibile in alto in frequenza (se possibile fuori dalla banda audio)
-un margine di stabilità accettabile
-un fattore di retroazione il più elevato possibile a fronte dei due precedenti fattori, ovviamente fermo restando il guadagno ad anello chiuso scelto e nei limiti permessi dai margini dinamici di ogni stadio.
Scegliendo questi ultimi in modo opportuno (cosa che vedremo nella prossima puntata), le scelte suddette permettono un certo vantaggio all’ascolto, a parità di banda passante. Un’ulteriore step è l’autolimitazione della banda passante con filtro passa-basso all’ingresso dell’ampli: questo filtraggio (che personalmente applico sempre nelle mie amplificazioni per ft=100KHz) permette di non fare transitare nell’amplificatore segnali ad alta frequenza…all’ascolto la differenza la si nota sempre positivamente e questo è sufficiente per stabilirne la validità. Alla prossima puntata vedremo le condizioni necessarie per evitare l’insorgere di distorsione d’intermodulazione dinamica (ricordate un certo Matti Otala ? ) vedremo di approcciarci al problema della banda passante e di potenza in un ampli dotato di retroazione.