Valutazioni all’ascolto & terminologia

Come discriminare un buon suono da un cattivo suono? Quale giudizio potrebbe dare l’uomo comune osservando un dipinto di Picasso rispetto al giudizio che ne farebbe un critico di storia dell’arte? Indubbiamente la pittura e la riproduzione musicale sono due cose ben distinte ma al pari di quanto avviene per la valutazione critica di un dipinto, anche la propria valutazione critica di un ascolto può essere educata, con senso logico e con l’esperienza…ma deve essere esperienza di ascolto di musica dal vivo non amplificata e non esperienza di lettura di riviste o di social. Sempre più frequentemente la fanno da padrone aspetti che hanno più a che vedere col pregiudizio che con l’ascolto.
L’orientamento che i social e le riviste effettuano nei confronti di determinati marchi e modelli determinano scelte che si ritengono a priori giuste perchè seguite da molti…ma purtroppo l’audio è uno di quei settori dove coloro che meglio viaggiano sono quelli che si fidano esclusivamente delle proprie orecchie…
Il pregiudizio determina esclusioni e scelte fatte a priori ed è l’aspetto di gran lunga più determinante nello stabilire le proprie preferenze (non immaginate quante persone non siano neppure disponibili ad ascoltarlo un apparecchio che riporta sul frontale il marchio “Grundig”…).
Questo purtroppo non aiuta chi è agli inizi e vorrebbe poter trarre vantaggio dalla lettura degli altrui pareri sui social ed invece così facendo si ritrova ad iniziare un percorso fatto di accumulo di pregiudiziali che nell’arco di qualche anno rende sempre più ottuso il suo approccio ovvero rende l’orecchio sempre più schiavo delle congetture che la mente ritiene siano corrette….quando invece dovrebbe accadere l’esatto contrario per avere un percorso di autentica crescita: l’orecchio dovrebbe essere sovrano su ogni valutazione e totalmente libero da pregiudiziali.

Ascolto senza pregiudiziali

Nelle considerazioni a seguito prenderemo in esame solo ed esclusivamente quanto è possibile valutare uditivamente prescindendo quindi da pregiudiziali.
In realtà anche se dovessimo riuscire nella titanica impresa di non farci condizionare da altri manterremo comunque l’abitudine all’ascolto del nostro sistema (vedi l’editoriale molto istruttivo qui ) che ci potrà fuorviare nella nostra valutazione. Ma oggi siamo ottimisti e vediamo il caso ipotetico di un foglio bianco ancora totalmente da scrivere.

Come inevitabile premessa a quanto segue va detto che questo approccio alla valutazione andrà ovviamente aiutato con l’esperienza di ascolto di concerti dal vivo e, un primo aspetto su cui occorre essere d’accordo quando si parla di riproduzione naturale è il non riferirsi mai a concerti live amplificati.
L’alta fedeltà NON è (ne vuole essere) la replica in casa del suono di un impianto da sonorizzazione in quanto con la naturalezza degli strumenti originali questo non ha nulla a che fare.
Quando si parla di replicare fedelmente la sonorità di uno strumento si parla ovviamente sempre di strumenti NON amplificati come si ascoltano normalmente a teatro. Se poi un organo Hammond ha bisogno della sua amplificazione al pari di una chitarra Fender è ovvio che queste amplificazioni proprietarie faranno parte integrante del suono di quei particolari strumenti.

Per iniziare è importante capire cosa è lecito chiedere ad un sistema ad alta fedeltà e cosa invece non possiamo pretendere da esso.
Questo lo si può iniziare a capire proprio dal significato stesso del termine “high fidelity”: un suono riprodotto in “alta fedeltà” deve riportare il più possibile integre tutte le informazioni incise sul supporto (sia esso un cd un lp o altro).  Queste informazioni possono essere più o meno verosimili all’idea che abbiamo di suono dal vivo ma non è questo il punto.
Il punto è dare una risposta ad una domanda che sembrerebbe senza risposta: come facciamo a sapere ciò che è effettivamente inciso sul supporto? Badate bene che nessuno conosce con esattezza ciò che finisce effettivamente su un disco, neppure l’ingegnere del suono che lo ha fatto, ciò che costui conosce è infatti la riproduzione attraverso un impianto stereo di monitoraggio che è a sua volta tutt’altro che perfetto (pur se migliore di molti sistemi di riproduzione casalinghi) e quindi offre una propria interpretazione di ciò che è inciso.
E quindi…come fare per stabilire quanto è fedele il nostro sistema alle informazioni presenti sul supporto?
L’unico modo che abbiamo per verificarlo con metodo scientifico è in modo relativo e cioè passando dall’ascolto del componente “A” al componente “B” se c’è stata una perdita o un aumento di informazioni, intesa proprio come strumenti o echi ambientali (informazioni di profondità di campo) che “si perdono” per strada oppure no. Questi confronti ripetuti “n” volte con componenti diversi possono darci un’indicazione NON di quella che è l’effettiva quantità di informazioni totali incise sul disco (che non potremo conoscere mai ) ma del componente in grado di estrapolarne il maggior numero. Non si tratta quindi di una valutazione “qualitativa” (per sua stessa natura soggettiva) ma “quantitativa”, cioè usiamo il ns. orecchio solo come “strumento di misura” per identificare/conteggiare i suoni che con un sistema ci sono e con un altro non ci sono più. Per chi obietta che anche le colorazioni sono suoni ma “aggiunti” posso rispondere che le colorazioni si evidenziano SEMPRE mascherando il sottofondo musicale quindi apportando sempre una perdita di informazioni di tridimensionalità: se immaginiamo di osservare un paesaggio attraverso un certo numero di vetri (ognuno dei quali rappresenta un anello della catena), osserveremo tale paesaggio così com’è solo a condizione che ogni vetro sia perfettamente trasparente non deformato o colorato. Basta anche solo un vetro deformato nel mezzo di altri trasparenti per compromettere irrimediabilmente il risultato. Lo stesso timbro strumentale risulta verosimile solo quando viene ad avere maggior espressività ovvero maggiori informazioni riportate dal sistema. Per tale ragione è fondamentale che ogni anello della catena sia il più trasparente possibile.

Il rischio insito nella verifica relativa (ovvero per confronto) è quello di non riscontrare differenze di rilievo passando da un componente ad un altro a causa o di differenze minime presenti tra i due o (molto più frequentemente) di carenza di trasparenza del sistema in cui tali componenti vengono inseriti per il confronto: non riuscirete mai ad apprezzare una differenza di tridimensionalità tra due componenti se effettuate il confronto inserendoli in un sistema privo (o fortemente carente) di tridimensionalità/trasparenza. E’ matematico.

Un secondo importantissimo aspetto con cui l’orecchio deve familiarizzare è quello dell’equilibrio tra le varie frequenze in quanto la timbrica degli strumenti viene influenzata in riproduzione sia dalla risposta in frequenza in ambiente e sia dalla trasparenza (ovvero la capacità vista sopra di estrapolare un maggior numero di informazioni dal supporto).
L’ascolto dal vivo a teatro di concerti non amplificati vi permette di affinare questa familiarità con la timbrica strumentale e di conseguenza con l’equilibrio tra le varie frequenze che occorre avere nel vostro ambiente per avere speranza di replicarla (una risposta in frequenza misurata nel punto di ascolto potrebbe venire utile a tale scopo se fatta con strumentazione adeguata).

Un ulteriore aspetto che va’ valutato ma non sopravvalutato (come invece spesso oggi accade) è quello dinamico ovvero relativo al massimo spl (sound pressure level) riproducibile dal sistema. Occorre tenere conto che in una normale abitazione anche ascoltando a volume molto elevato ben difficilmente si oltrepassano i 105dB di picco nel punto di ascolto (fonometro Bruel & Kjaer 2206 alla mano…) e quindi non ha alcun senso effettuare scelte che danno la priorità a questo aspetto intaccando in modo inevitabile i due aspetti visti sopra (trasparenza e linearità di risposta in frequenza in ambiente) di gran lunga più importanti per la fedeltà e la soddisfazione di chi ascolta.

Conclusioni

Ascolti fatti nella tranquillità domestica, se svolti in modo accurato, insegnano a capire alcune cose come ad esempio che la dinamica non convive con la violenza (termine usato per individuare quei suoni forzati che causano un vero e proprio fastidio all’ascolto) e le colorazioni ma ha attinenza con la ricchezza armonica reale, cosi come la profondità, la grandezza dell’immagine ricreata e il timbro proprio degli strumenti. Si arriva cioè a comprendere che più si aumenta la reale trasparenza di un sistema, più si riporta integro il patrimonio di informazioni che contribuiscono al ricreare un ampio spazio e un minor fastidio all’ascolto offrendo l’illusione di un ascolto reale e dinamicamente mai forzato.
Non aspettatevi risultati rilevanti solo da cose costose, c’è in giro moltissimo fumo venduto per costosissimo arrosto mentre capita che si abbiano sorprese da prodotti poco costosi appartenenti al vintage. Ascoltare tutto dai 100€ ai 100.000€ con lo stesso metro di misura e senza farsi condizionare da nomi altisonanti, questo è quanto si dovrebbe fare per giudicare seriamente un sistema audio…talvolta invece capita che il costo elevato sia una efficace “predisposizione” al convincimento.

L’accortezza viaggia sempre volentieri insieme all’umiltà.
Massimo Ambrosini

Terminologia

Il significato attribuito ai termini normalmente adottati in alta fedeltà è spesso equivoco e a volte addirittura contraddittorio per cui credo essenziale cercare di chiarire questo aspetto spesso trascurato.

COERENZA
Con tale termine si intende la sensazione all’ascolto di una risposta in frequenza lineare, cioè la sensazione di assenza di predominanze o carenze nell’emissione di una gamma di frequenza rispetto ad altre.

COLORAZIONE
E’ quel complesso di suoni aggiunti dall’impianto di riproduzione che mascherano il suono rendendolo “interpretato” e fastidioso ovvero lontano dalla realtà musicale. Le colorazioni possono essere causate sia da una carenza di coerenza (risposta in frequenza in ambiente molto tormentata) e sia da una carenza di trasparenza dei singoli anelli della catena.

DEFINIZIONE
La capacità di mettere a fuoco i contorni di un suono. E’ accentuata in diffusori dalla limitata dispersione in gamma medioalta (planari tipo Quad ESL63 o diffusori con medioalto a tromba) in quanto si riduce in tal modo l’entità delle prime riflessioni nella propria stanza. Per tale ragione è importante che l’ascolto con diffusori che hanno invece buona dispersione avvenga in locali mediamente assorbenti, con tappeto anteposto ai diffusori e con pareti laterali abbastanza distanti (da preferire quindi l’ascolto con i diffusori disposti sul lato largo della stanza). Fate attenzione a non scambiare la definizione con la carenza di armoniche, quest’ultima determina suoni scheletrici (qualcuno li chiama “suoni puliti”…forse sarebbe il caso di chiamarli “ripuliti”…dalla musica).

DINAMICA
Tecnicamente definita come la differenza di livello sonoro riprodotto tra il suono di ampiezza inferiore e quello di ampiezza maggiore è in realtà utilizzata normalmente tra gli audiofili non in questa accezione ma semmai con l’accezione (più consona all’ascolto domestico ove anche ad alti volumi non si superano i 105dB di picco nel punto di ascolto) di “contrasto dinamico”: la capacità di avere un suono non “legato” ma appunto contrastato e fluido. Questa distinzione è FONDAMENTALE in quanto esistono impianti capaci di riprodurre 130dB di massimo spl ma che perdono molta risoluzione a bassi livelli di ascolto in quanto non dotati di effettiva trasparenza per cui risultano, quando ascoltati in casa, dotati di scarso contrasto dinamico.

PRESENZA
Altro termine spesso reso ambiguo nell’interpretazione dell’esoterismo attuale. Ciò che capita infatti nei sistemi “eso” è l’ottenimento di un suono che non riesce ad avere ne’ profondità ne’ presenza (in quanto per ottenere entrambi queste caratteristiche è fondamentale la trasparenza) ma ricrea suoni indefinitamente “lontani” (ma senza avere profondità di campo in quanto assenti delle informazioni di ambienza) nonchè “sparati in avanti” (e qui nasce l’equivoco della “presenza”….) ma che in realtà NULLA ha di reale sensazione di presenza. La “presenza” è in effetti (al pari della profondità) presente solo quando un sistema è dotato di eccellente trasparenza e quindi riporta integre tutte quelle sfumature di intonazione e feeling che rendono credibile un suono naturale. In 40 anni di ascolti devo ancora ascoltare un sistema “eso” che possa fregiarsi di effettiva “presenza” mentre moltissimi sono quelli con un pronunciato effetto “monitor” (suono “sparato in faccia”).

SOUNDSTAGE
Una parola molto di moda e che riempie la bocca come molti termini inglesi ormai entrati nel nostro linguaggio comune (soprattutto nelle aziende, cosa che personalmente non gradisco). Si potrebbe tradurre con il nostro “immagine riprodotta” che certo ha meno “appeal” del termine anglosassone. C’è chi ne cerca un surrogato facendo suonare diffusori in mezzo alla stanza con ambienti particolarmente riverberanti ma ciò non ha nulla a che fare con un’immagine grande, tridimensionale e credibilmente reale. La dimensione dell’immagine riprodotta è direttamente proporzionale alla trasparenza del sistema e alla sua coerenza (vedi spiegazione di questi due termini).

TIMBRICA
E’ la sensazione di trovarci di fronte a caratteristiche sonore univocamente possedute da un determinato strumento. E’ sicuramente l’aspetto più difficile da valutare se non si ha esperienza di ascolto dal vivo. Per ottenere timbrica credibile in un sistema di riproduzione domestico sono fondamentali l’equilibrio tra le frequenze (coerenza) e la capacità di non perdere le minime informazioni presenti sul supporto (trasparenza).

TRASPARENZA E TRIDIMENSIONALITA’
Sono due aspetti che viaggiano sempre insieme…come una coppia ben affiatata.
Al termine trasparenza spesso viene attribuito un significato ambiguo additando con esso suoni ipercaratterizzati che quindi NULLA hanno di effettiva trasparenza. Immaginate un vetro perfettamente piano e trasparente attraverso il quale riuscite a vedere esattamente ciò che sta al di la dello stesso: questa è la trasparenza!
Un ottimo sinonimo è la “ricchezza di informazioni” e cioè la capacità di riportare quante più informazioni sono incise sul disco: le armoniche di un segnale sono “dettagli” di fatto presenti solo quando il sistema è in grado di riportare integri anche i minimi particolari e che donano ad esso una totale fluidità e scioltezza. L’ipercaratterizzazione è invece agli antipodi della fluidità e della trasparenza. La tridimensionalità è altresì la capacità di restituire integre le tre dimensioni incise sul supporto: questo dato è “derivabile” direttamente dalla somma delle prestazioni di coerenza e trasparenza, serve cioè linearità abbinata alla massima ricchezza di informazioni per riprodurre la “stanza” che è stata registrata sul disco (da non confondere con i riverberi del proprio ambiente…). Se ad esempio un diffusore viene installato in modo erroneo subendo un alleggerimento della gamma mediobassa (la tridimensionalità è notevolmente influenzata da tale zona di frequenza) a causa di una conseguente limitata coerenza si ottiene una limitata tridimensionalità pur in presenza di un’eventuale eccellente trasparenza. Analogamente è importante ridurre il più possibile i riverberi ambientali sulla medioalta per impedire che questi mascherino le informazioni di ambienza riprodotte (vanificando le doti di trasparenza del sistema). Per tale ragione la miglior collocazione di un sistema utilizzante diffusori in sospensione pneumatica con buona dispersione sul medioalto è sul lato largo della stanza, con tappeto dinanzi ai diffusori e pareti laterali trattate acusticamente.