Dahlquist DQ10 non speculari

Riporto sul sito, dopo cinque anni dalla pubblicazione sulla rivista Audio Review, alcuni miei articoli riguardanti i diffusori che più mi stanno a cuore. L’articolo a seguito lo trovate nella rubrica “SENZA SCADENZA” su AR n.385 (con addendum sul n.386). E’ riportata in blu nel presente articolo una piccola integrazione rispetto a quanto pubblicato all’epoca sulla rivista.

Dahlquist DQ10 non speculari (prima e seconda serie)

Semplicemente uno dei diffusori più apprezzati del pianeta che trova ad oggi ancora tantissimi illustri estimatori. Fiumi di inchiostro sono stati spesi per recensire in varie epoche questo diffusore e quasi mi trovo in imbarazzo ad offrirne una lettura un poco diversa da quella classica. La prima versione di Dahlquist DQ10 fu distribuita sul mercato italiano nel 1974 con la dichiarata intenzione del progettista di replicare la trasparenza dei QUAD ESL in un sistema di altoparlanti dinamico. Il fatto che a distanza di 43 anni (rispetto alla data di pubblicazione dell’articolo n.d.r.) siamo qui ancora a parlarne dovrebbe essere una buona conferma che l’obiettivo è stato raggiunto e, su alcuni aspetti, pure superato. Ovviamente per determinare il successo commerciale di un prodotto non è sufficiente la sua validità, deve anche venire adeguatamente distribuito e presentato. Non a caso, il semisconosciuto ingegnere aerospaziale Jon G.Dahlquist (Jon senza h) presentò questo diffusore sul mercato con una massiccia campagna pubblicitaria affiancato in joint venture niente meno che da Mr. Saul Marantz suscitando quindi un grande interesse a livello globale. Marantz del resto aveva già venduto il suo marchio alla Superscope e si era accorto delle qualità che aveva questo diffusore al punto di valutare positivamente una nuova avventura commerciale. Quando nelle persone si muove la curiosità e questa trova riscontro con la qualità, allora il matrimonio è presto fatto e ne derivò un grande successo commerciale. Il sistema DQ 10 fu costruito in tre distinte versioni, le prime due montavano gli altoparlanti in configurazione non speculare e cambiavano solo per il tipo di condensatori impiegati sul crossover, per la maggior parte elettrolitici sulla prima serie mentre tutti in poliestere (di colore giallo marchiati Dahlquist) sulla serie successiva ad eccezione di quello sul mid-basso che rimaneva elettrolitico. La terza ed ultima versione fu denominata “improved”, identica come crossover alla seconda serie ma con configurazione speculare degli altoparlanti ovvero la coppia era composta da un diffusore destro e uno sinistro. Al giorno d’oggi pressoché tutti i diffusori hanno gli altoparlanti disposti in asse verticale (soluzione pure non esente da inconvenienti) e il problema della specularità non si pone in quanto i due diffusori sono comunque identici. Invece a quell’epoca erano molti i modelli di diffusori con altoparlanti affiancati perciò il problema da affrontare per un costruttore era cruciale: speculare o non speculare? Al di la del maggior costo di produzione, la specularità in diffusori non dotati di asse di simmetria verticale determina purtroppo un’immagine propria, ovvero ricreata dalla particolare disposizione degli altoparlanti stessi che ne determina anche una particolare interpretazione del timbro il quale perde qualcosa in vivacità e freschezza. Questo del resto trova riscontro nella concezione stessa della stereofonia in cui le due sorgenti di suono dovrebbero essere sempre identiche tra loro. Il sistema DQ10 veniva dotato di tre piedini in legno assolutamente simili a quelli dei QUAD ESL con la funzione di sollevare ed inclinare opportunamente il diffusore donandogli anche un aspetto piuttosto elegante. In alternativa era disponibile uno stand opzionale a tre colonne (vedi foto) che li alzava di una trentina di cm circa. Fu inoltre sviluppato un sub dedicato, il DQ-1W consigliato per stanze di ragguardevoli dimensioni, dotato di crossover passivo esterno il DQMX1, con due frequenze di taglio selezionabili, 60 e 80 Hz a cui si affiancò la disponibilità anche di un crossover elettronico regolabile con continuità tra 40 e 400 Hz denominato DQLP1.

La tecnica

Il DQ10 è un sistema di altoparlanti a cinque vie in cui il tweeter e il mid-alto a cupola sono di costruzione tedesca, segue un mid-basso Philips, il classico AD5060 utilizzato anche in altre famose realizzazioni (Snell Type A, AudioPro A4-14, etc), il woofer “flangiato” delle Advent Loudspeaker e per finire, un supertweeter piezoelettrico Motorola che si occupa solo della banda al di sopra dei 12kHz. Il filtro ha alcune caratteristiche particolari, come si nota dallo schema: è un crossover con celle in serie/parallelo anziché, come classicamente avviene, in parallelo. Quali i vantaggi di questa configurazione? Essendo la stessa configurazione fattibile anche con celle parallele e non avendo la possibilità di interloquire con il Sig. Jon Dahlquist temo che ci dovremo tenere la curiosità. A ciò si aggiungono altre particolarità: la prima che balza agli occhi guardando il crossover è la presenza di una resistenza da 8 ohm connessa in parallelo al woofer. È una scelta inusuale che determina l’abbattimento del picco di risonanza del woofer con conseguente eccellente smorzamento ma con una considerevole riduzione dell’efficienza principalmente in corrispondenza della risonanza stessa. Questo comporterà alcune conseguenze sull’installazione del diffusore come vedremo in seguito. La pendenza dei filtri è del primo ordine (6 dB/oct) ad eccezione del passa alto del tweeter del secondo ordine (12 dB/oct) a cui si aggiungono 18 dB per il supertweeter che quindi risulta filtrato “a picco” con pendenza di ben 30 dB/oct. cosa che trova conferma dal tracciamento della risposta del filtro. Altra particolarità è la scelta di sovrapporre l’emissione dei vari altoparlanti per un’ampia zona di frequenze ed in particolare il mid-basso e il mid-alto, soluzione che migliora la fusione acustica tra i due centri di emissione ma ne determina anche un proprio percepito “allargamento”, una caratteristica propria che trova comunque molti estimatori. La fase acustica corretta, molto pubblicizzata all’epoca come motivazione principe delle qualità delle DQ10, si è rivelata in tempi più recenti assai meno corretta alle misure strumentali ma era un cavallo che andava cavalcato e pubblicizzato per incuriosire gli appassionati sempre alla ricerca della novità tecnica eclatante, fu infatti proprio il sistema DQ10 a lanciare all’epoca la moda dei diffusori in fase. Occorreva cioè trovare ufficialmente una ragionevole spiegazione del “gradino” presente dinanzi ai due mid montati su pannellini esterni, non a filo della cassa del woofer ma di qualche cm più arretrati, una soluzione che funzionava ottimamente all’ascolto ma che andava spiegata rendendola anche tecnicamente accettabile per cui presentare tale scelta come finalizzata alla correzione di fase fu un’idea furba e al contempo commercialmente vincente anche se appunto solo in parte veritiera.

L’installazione

Ogni diffusore rappresenta il complemento ideale solo per alcune tipologie di stanze e quindi ciò comporta un numero limitato d’installazioni possibili. Pur avendo risonanza in cassa a circa 40 Hz, il DQ10 non può essere considerato un diffusore a gamma intera in quanto la resistenza da 8 ohm in parallelo al woofer ne diminuisce l’efficienza facendo iniziare il roll-off sul basso già sui 60 Hz, per cui se vogliamo impiegare il diffusore in versione “stand-alone” ovvero senza affiancargli il sub dedicato (cosa consigliabile), dovremo farlo in una stanza che permetta sul basso tre rinforzi utili con riferimento all’articolo “l’equalizzatore non escludibile” presente su questo stesso numero. Il primo di questi tre rinforzi, ovvero la distanza minore X, lo si ottiene lasciando montati i tre piedini originali che determinano un’altezza del woofer di circa 33 cm dal pavimento e sarà il rinforzo posto più in alto dei tre (104 Hz) al fine di approssimare la curva di Møller. Porremo la distanza intermedia Z in questo caso non alla risonanza ma in corrispondenza del roll-off in gamma bassa che avviene, come sopra anticipato, a circa 60 Hz. Non a caso una delle due frequenze a cui era previsto il taglio col sub è proprio 60 Hz, nel nostro caso il “sub” altro non sarà che un’adeguata disposizione dei rinforzi naturali delle pareti. Calcoli alla mano per una distanza tonda di 60cm corrisponde un rinforzo che parte dai 57 Hz e può rappresentare un ottimo compromesso tra la possibilità di utilizzo dei piedini originali e, scambiando semplicemente le distanze X e Z tra loro, la possibilità di utilizzare il piedistallo rialzato a tre colonne che porta il wf a circa 55 cm di altezza dal pavimento. Otterremo infine la distanza maggiore Y dalla relazione Y=Z2/X da cui Y= 109 cm. Ricordo che tali distanze vanno sempre misurate dal centro del woofer verso la parete relativa a cui fanno riferimento e/o dal punto di ascolto alla parete alle nostre spalle. Se non avete altre pareti con distanze inferiori a 140-150 cm dal woofer, questo diffusore potrebbe trovare adeguato equilibrio a casa vostra e senza alcun bisogno di sub. Sia con i tre piedini originali e sia con l’impiego del piedistallo originale più alto è comunque maggiormente indicata una installazione tipo “caso B” che in barba al mid-basso a dipolo è quella che consente il miglior equilibrio timbrico. La miglior soluzione personalmente l’ho trovata come da installazione raffigurata nella foto sottostante.

L’ascolto

Per iniziare, credo occorra sfatare quello stereotipo che vede i DQ10 come diffusori assetati di watt. Non è affatto così. I DQ10 per quanto siano dichiarati con impedenza nominale di 8 ohm sono in realtà diffusori che, per la gamma di frequenze da 20 Hz a 200 Hz, si mantengono sempre al di sotto dei 6 ohm e scendono sui 4,5 ohm in zona 100 Hz (sempre a causa della famosa resistenza da 8 ohm in parallelo al woofer). Considerando un’efficienza media di 83-84 dB e un’installazione in ambienti di medie dimensioni a loro idonei (20-30mq), non servono ampli molto potenti bensì in grado di lavorare agevolmente su carichi di 4 ohm. Occorre però un’altra qualità indispensabile non solo al sistema Dahlquist ma a tutti i diffusori che compariranno in questa rubrica e che si deve ritrovare non solo nell’ampli ma in tutta la catena a monte: la sonorità. L’intero impianto deve essere in grado di riprodurre la musica senza riportare suoni asettici o colorati perché, nel rilevare i difetti di altri elementi il sistema Dahlquist è spietato: potete avere anche 200 W/ch ma, se non hanno sonorità, i DQ10 non suonano. Viceversa anche soli 30-40 W (su 8 ohm) fluidi e armonici sono in grado di sonorizzare ottimamente l’ambiente a loro idoneo per un’installazione senza sub. Detto questo, passiamo alle note di ascolto che sono riferite alle serie non speculari (quelle che preferisco) con diffusori integri, totalmente di serie e ascoltati nelle condizioni a loro più congeniali ovvero con le griglie regolarmente installate (e le relative tre spugne a fianco del woofer che pure non vanno rimosse). I DQ10 non sono perfetti, così come nessun diffusore lo è, ma ottengono un ottimo compromesso su diverse grandezze in gioco permettendo, una volta correttamente installati e pilotati, di ottenere notevoli soddisfazioni all’ascolto. L’aria, il respiro tra gli strumenti che riescono a ricreare è forse la loro dote maggiore unita ad un timbro sempre apprezzabile e dotato di spessore e ottima fluidità. Per tale ragione, ascoltare un coro o anche voci soliste è sempre un’esperienza appagante con questo sistema Dahlquist, così come il timbro di un violino o di un pianoforte. A volte sorge il dubbio che il mid-basso (a dipolo posteriormente attenuato) possa essere maggiormente ottimizzabile variando di qualche cm l’inclinazione dei diffusori o la distanza dalla parete posteriore. Ecco, se vogliamo, forse questo è il loro maggior limite: vien sempre da chiedersi se si possa fare qualcosa in più sul piano del preciso posizionamento in ambiente. La gamma da tenere sotto controllo per la migliore messa a punto è sicuramente quella bassa e medio-bassa: trovandone l’equilibrio, la coerenza generale e la tridimensionalità ne giovano in modo evidente ed esce (catena a monte permettendo) quella freschezza e vivacità di suono in grado di coinvolgere chi è presente nella stanza.

Conclusioni

Un diffusore che non esito a consigliare e che rientra tra quelli (di questa rosa) ancora facilmente reperibili ma, qualora decidiate di porvi alla loro ricerca, occorre essere consapevoli di un grosso “problema” che affligge i DQ10 (non per causa loro): hanno probabilmente la palma d’oro del diffusore più manomesso del pianeta. Sarà il crossover a vista, sarà la grande diffusione avuta ma non c’è diffusore che io conosca che abbia avuto così tante “personalizzazioni” e tutte (ne avrò ascoltate una quindicina nel corso degli anni) più o meno pesantemente peggiorative. Un progetto come questo si basa su un sottilissimo e raffinato equilibrio ricercato dal progettista a fronte di un grande lavoro di affinamento: il DQ10 come dicevo non è perfetto ma qualunque variante fatta su componenti, crossover, disposizione/tipologia altoparlanti, cablaggio etc. ha una probabilità su un milione di essere effettivamente migliorativa in questo diffusore. Mentre tutte quante comportano una differenza. Per gli smanettoni auguri! Per tutti gli altri: semplicemente ascoltatele, al pari di tutti gli altri diffusori di cui andrò via via a parlarvi senza remore in questa rubrica, ne vale la pena.

Massimo Ambrosini