Grundig Box 850a professional – Box 1500a professional

Riporto sul sito, dopo cinque anni dalla pubblicazione sulla rivista Audio Review, alcuni miei articoli riguardanti i diffusori che più mi stanno a cuore. L’articolo a seguito lo trovate nella rubrica “SENZA SCADENZA” su AR n.391. E’ riportata in blu nel presente articolo una piccola integrazione rispetto a quanto pubblicato all’epoca sulla rivista.

Due diffusori realizzati con una cura meticolosa per i dettagli e le cui qualità sono sempre più note tra gli appassionati vintage

La serie “a professional” rappresenta la punta dell’iceberg della ricerca svolta dalla casa di Norimberga in ambito diffusori acustici. Un lavoro finalizzato ad ottenere i migliori risultati in ambiente domestico in termini di risoluzione e dedizione timbrica. E questo a costi che erano resi possibili solo a fronte dell’ingente produzione industriale. La commercializzazione dei prodotti Grundig avvenuta attraverso negozi fidelizzati (ai nostri giorni si direbbe “in franchising”, ovvero negozi in cui si vendeva tutto di Grundig ma nient’altro che Grundig) non aiutò certo a fare conoscere questi componenti che ebbero quindi una diffusione limitata nel nostro paese (un articolo dedicato lo trovate sul n.383 di AR).

Ben due sono i diffusori presi in esame questo mese. Il perché di questa scelta è presto detto: le minime differenze di progetto e la validità di entrambi permettono di effettuarne agevolmente un’analisi congiunta. La produzione della serie “a professional” ebbe inizio nel 1978 come naturale conseguenza evolutiva della serie “professional” che, a sua volta, fu l’evoluzione della prima serie (non professional). L’aspetto curioso da osservare nel passaggio da una serie all’altra è la totale identità del filtro: nessuna variante fu apportata sul crossover ma le differenze presenti all’ascolto sono dovute a soluzioni acustiche che furono poste in atto per limitare i fenomeni di diffrazione sui bordi e per ottimizzare la risposta dei singoli altoparlanti. Si passa quindi dalla prima serie con altoparlanti per i medioalti con flangia piatta e nessun correttore acustico sul woofer, all’utilizzo nella serie “professional” (stessi altoparlanti della prima serie) di mascherine in plastica sagomata incastrate con stucco, per finire nella serie “a professional” con l’utilizzo di profili “a trombetta” integrati nella flangia di midrange e tweeter più correttore acustico sul woofer. Dal momento che le tre serie prodotte utilizzano appunto il medesimo crossover (e flange a parte, i medesimi componenti) è quindi molto facile ed istruttivo verificare l’efficacia di questi interventi acustici ascoltandole tra loro a confronto. Quattro le finiture con cui erano disponibili: marrone metallizzato, grigio metallizzato “champagne”, grigio scuro “grafite”, simil legno. La serie “a professional” venne costruita anche in versione attiva, la serie “Aktiv-box”, che presentava un’amplificazione dedicata per ciascuna via e crossover elettronico. L’Aktiv-box 20 è la versione attiva dei  Box 850a cosi come l’Aktiv-Box 30 lo è per i Box 1500a.

La tecnica
I Box 850a e i 1500a sono due diffusori da 4 Ohm nominali con caricamento in sospensione pneumatica che utilizzano il medesimo filtro ed i medesimi midrange e tweeter, tra i due modelli l’unica variante è rappresentata dai woofer di diverso diametro e di conseguenza da mobili di diverso volume. Questi sono completamente riempiti da cascami di assorbente acustico. Sui Box 850a il woofer è da 20 cm di diametro cestello mentre sui Box 1500a è da 25cm. Entrambi hanno membrana in impasto di cellulosa con bobina mobile in alluminio da 25mm di diametro dotata di fori di sfiato per ridurre rumorosità e distorsione. Midrange e tweeter sono a cupola morbida in tela trattata rispettivamente da 38mm e 19mm di diametro e sono filtrati a 1000Hz e 4500Hz ovvero ben al di sopra delle rispettive risonanze poste a 570Hz e 1370 Hz. I Box850a risuonano in cassa a 74Hz con Qt=1 mentre per i Box1500a la risonanza si sposta a 72Hz con Qt=1,15.

Sul cestello dei woofer è applicato un panno-carta che funge da resistenza acustica variando il Q meccanico dell’altoparlante e smorzandone parzialmente la risonanza, una soluzione elegante e ricorrente sui prodotti Grundig e Telefunken dell’epoca. Parti integranti delle flange di midrange e tweeter sono i profili “a trombetta” che limitano l’emissione a filo pannello e quindi la diffrazione sui bordi del diffusore: una variante a chi ha utilizzato il feltro (BBC LS3/5A) o a chi ha utilizzato la spugna poliuretanica (IMF SC II) a tal fine. Altra soluzione non comune, utilizzata su midrange e tweeter, è l’interposizione tra flangia e magnete di una sottoflangia in cartoncino finalizzata ad abbattere le vibrazioni spurie: un particolare economico e all’apparenza inutile ma, da prove fatte, molto efficace. Per non avere problemi sulla tenuta d’aria della camera posteriore di emissione dei “dome” un giro di colla è posto a sigillante tra magnete e flangia degli altoparlanti. Come già visto sulla SL1000, anche su tutta la serie “a professional” sono presenti dei profili costruiti in plastica rigida con rivestimento in metallo che coprono le sospensioni dei woofer limitando l’emissione non lineare delle medesime. Un approccio originale ed efficace nella lotta alle colorazioni. Inoltre, sui profili riservati ai woofer di questa serie è presente anche una parte centrale, anteposta alla cupola parapolvere del woofer, che effettua una correzione/attenuazione acustica della risposta in alto di questo componente.  Alcune soluzioni adottate evidenziano sensibilità e competenze non comuni da parte dell’equipe che si occupava della progettazione ma purtroppo chi anticipa il proprio tempo è poi costretto ad attenderlo in locali piuttosto scomodi. Osservare a quali particolari funzionali si prestasse attenzione su oggetti prodotti su scala industriale quasi quarant’anni fa genera una punta di amarezza a fronte della leggerezza con cui questi prodotti sono stati trattati all’epoca in quanto non adeguatamente compresi. Tutti gli altoparlanti sono fissati a pannello tramite madreviti con dado mentre all’epoca prodotti americani dal costo triplo usavano semplici autofilettanti, particolari questi che evidenziano la cura posta al fine di mantenere prestazioni costanti nel tempo. Dall’osservazione di questi prodotti sembra che la “QUALITӒT” (parola ossessivamente presente sui cataloghi d’epoca) fatta su scala industriale fosse un valore aggiunto in cui questa azienda credeva fortemente. Il risparmio sui costi non era fatto su cose importanti ma ad esempio sull’impiallacciatura che non era in legno ma in laminato, esattamente il contrario di quanto si tende a fare ai nostri giorni in cui l’attenzione prioritaria è per l’aspetto estetico, punto cruciale del marketing.

La “tela” anteriore non è in tela ma è composta da un telaio esterno ligneo e da una griglia metallica trattata con floccatura di cascami sintetici e tenuta al telaio tramite stucco malleabile: siamo qui molto distanti sia come risultati che come costi di produzione dalla semplice tela in stoffa comunemente usata. Per Grundig questo non era un semplice accessorio di completamento ma un importante elemento che contribuiva a determinare un risultato finale e quindi andava massimamente curato. Da verifiche all’ascolto questa soluzione è quanto di più efficace abbia avuto modo di testare non comportando il classico “effetto ovatta” delle tele in stoffa ma mantenendo apertura e riducendo a sua volta le diffrazioni sui bordi a fronte di una particolare conformazione del telaio esterno. Il miglior risultato con questi diffusori lo si ottiene di gran lunga con la griglia installata e a questa condizione di utilizzo si riferiscono i commenti all’ascolto. Attenzione ai piolini di tenuta del telaio/griglia: è di notevole importanza che siano tutti presenti (a volte si rompono a seguito di spedizioni) per comportare un fissaggio adeguatamente saldo della stessa al diffusore.

Il filtro è, anche qui come sulla SL1000, sospeso su due gommini rispetto al mobile con particolare attenzione posta nello smorzare le vibrazioni dei componenti, montati a basetta su spugna sintetica. Il filtraggio è tutto a 12db/oct per le vie medioalte con inversione di fase del tweeter mentre è a 6dB/oct con rete di compensazione di impedenza per quanto riguarda il woofer. Notare l’assenza di resistenze in serie al tweeter  (un aspetto ricorrente in questa selezione di diffusori) e il partitore resistivo posto sul midrange col duplice scopo di attenuare il componente e smorzarne (con R3) la risonanza.

L’installazione
Entrambi questi “Box” offrono il loro miglior risultato con una tipologia di installazione caso B. Per ottenere una precisa dislocazione dei rinforzi sappiamo di dover porre il rinforzo fz in corrispondenza alla frequenza a -3dB (f3) del roll-off del woofer. Su questo stesso numero trovate un addendum al metodo di installazione “l’equalizzatore non escludibile” in cui viene riportato il procedimento per rilevare anche il Qt e la f3 del proprio diffusore in sospensione pneumatica al fine di ottenere la miglior precisione nella dislocazione dei rinforzi in ambiente. Da tale procedimento otteniamo per i Box850a una fz = 58Hz da cui una distanza intermedia Z = 59cm. Ne conseguono una distanza minore X = 39cm e una distanza maggiore Y = 89cm.  Per i Box1500a avremo invece una fz= 54Hz da cui una distanza intermedia Z = 64cm, una distanza minore X = 43cm e una distanza maggiore Y = 96cm. Per questi diffusori erano specificatamente costruiti dei supporti dedicati in materiale plastico estremamente rigido e resistente: i BF3 dedicati ai Box850a e i BF4 dedicati ai Box1500a. I due piedistalli presentano la medesima altezza di circa 12,5cm, misurati anteriormente, differendo in profondità e larghezza e permettendo un tilt di circa 1cm. Purtroppo i BF3 sono introvabili mentre qualche BF4 ancora è rintracciabile e si adatta anche alle Box850a a fronte del piccolo inconveniente estetico rappresentato dalla maggior profondità. In caso si decida per l’utilizzo di questi piedistalli occorrerà porre come “distanza X” quella relativa al pavimento e le distanze calcolate andranno approssimate a quelle reali “imposte” dal piedistallo, comunque non molto diverse: 39cm calcolati contro 31cm reali per le 850a e 43cm calcolati contro i 33cm reali per i 1500a. Se invece si vuole porre come distanza dal pavimento la “distanza Z” allora servirà procurarsi un piedistallo di 45cm circa di altezza e porre i diffusori praticamente a ridosso della parete di fondo (come da distanza X). Con un piedistallo di tale altezza il woofer dell’850a viene a collocarsi a 63,5cm mentre quello del 1500a si colloca 65,5cm di altezza, in entrambi i casi con buona approssimazione rispetto alle distanze Z calcolate. La presenza di un tendaggio pesante o di un trattamento acustico dedicato dietro ai diffusori è consigliabile soprattutto con collocazione su piedistalli “alti” con i quali torna utile la piccola striscia di spugna comprimibile applicata anteriormente tra piedistallo e diffusore già vista nell’articolo dedicato alle IMF SC II (AR n. 386). Se avete la parete di fondo spoglia è comunque preferibile l’installazione su BF3 – BF4. Un piccolo quid in più dal punto di vista timbrico lo si ottiene evitando l’inclinazione all’indietro, cosa che si ottiene (quasi completamente) semplicemente con l’utilizzo “rovesciato” dei BF. Data la ridotta altezza, diviene indispensabile con questi piedistalli l’utilizzo di un tappeto posto dinanzi ai diffusori, soluzione che rimane comunque consigliabile anche con installazione su piedistallo alto. Come per gli altri casi visti finora in cui il crossover era fissato in modo “sospeso” anche questi diffusori ottengono il loro miglior risultato con piedistallo a contatto diretto del pavimento (ovvero senza alcuna feltrinatura). Questi “Box” sono tra loro identici ma non speculari avendo midrange e tweeter affiancati, necessitano quindi di una inclinazione verso il punto di ascolto particolare. Personalmente, soprattutto con piedistallo da 45cm ed installazione a ridosso della parete di fondo, ho trovato molto efficace una leggera (appena accennata) inclinazione di entrambi i diffusori verso destra (la nostra destra guardando i diffusori dal punto di ascolto) in modo da rendere paralleli alla parete posteriore i punti di emissione centrale delle cupole di midrange e tweeter ( qui un’immagine che rende meglio l’idea ). Questo equipara il tipo di emissione dei due diffusori rispetto alla parete vicina rendendoli di fatto due sorgenti identiche rispetto all’emissione nella stanza, come previsto dai presupposti della stereofonia. Ovvio che con tale particolare inclinazione il triangolo di ascolto dovrà essere isoscele con base ben più corta dei cateti per evitare di trovarsi eccessivamente fuori asse dai tweeter.

L’ascolto
Per meglio descrivere cosa aspettarsi da questi due diffusori forse occorre prima chiarire il significato di un termine molto discusso e controverso in campo audio su cui si sente dire di tutto e il contrario di tutto: la trasparenza. La prima associazione che viene alla mente usando questo termine è legata alla proprietà ottica del vetro quando perfettamente piano e uniforme: se osserviamo un paesaggio interponendo una lastra di vetro totalmente trasparente cosa vediamo? Semplicemente il paesaggio che sta al di la del vetro, fedelmente, senza deformazioni, osservandone i minimi dettagli con la sua naturale profondità di campo e il naturale contrasto cromatico che tale paesaggio ha. Da ciò si comprende che la parola “trasparenza” è il termine che più di ogni altro risulta perfetto sinonimo di “fedeltà”. Non può esistere quindi un suono “troppo” trasparente esattamente come non può esistere un suono “troppo” fedele. La trasparenza (ovvero la fedeltà) è la tendenza verso l’ideale raggiungimento di un obiettivo che è l’identità rispetto all’origine: un componente idealmente trasparente è quello che restituisce il segnale entrante senza aggiungere caratteristiche proprie. L’ipercaratterizzazione (talvolta associata al termine trasparenza) NON è trasparenza ma è il suo contrario, se in un suono si esaltano solo i dettagli a causa della maggior presenza di alcune gamme di frequenza, questo è un po’ come guardare un paesaggio attraverso un vetro deformato che fa da lente su alcuni aspetti nascondendone altri, quindi NON trasparente. Questo termine andrebbe quindi utilizzato moooolto meno frequentemente di quanto non lo si utilizzi nella “audio-quotidianità” in quanto con questa parola si raggruppano: coerenza tra le gamme, dedizione timbrica, profondità di campo, dettaglio naturale, contrasto dinamico,  ambienza, sonorità e immagine credibile. Ovvero tutto ciò che serve per ottenere fedeltà. Trasparenza significa riportare anche la delicatezza, la poesia presente nella musica, una qualità composta di tante sfumature e di grande equilibrio tutt’altro che facile da riprodurre fedelmente e su cui l’importanza delle elettroniche a monte è fondamentale. Spesso si associa la “trasparenza” al suono degli altoparlanti elettrostatici ma anche qui sono rari i casi in cui questo termine trova un effettivo riscontro: molti elettrostatici non suonano trasparenti ma suonano asettici e quindi ben distanti dalla completezza timbrica necessaria per ottenere un risultato dotato di una sonorità credibile. Questa lunga ma doverosa premessa viene utile per descrivere con una parola come suonano questi due diffusori ed in particolare i Box 850a che sono ancora un pizzico più trasparenti sul medio dei Box 1500a. Se correttamente installati, come da precedente paragrafo, questi sono tra i rari diffusori in grado di dirvi effettivamente e spietatamente se ciò che è collegato a monte è effettivamente di alta qualità e non solo (come spesso avviene) di alto costo. Tornando alla metafora ottica di cui sopra, se ogni componente della catena audio lo immaginiamo come fosse un vetro che viene sovrapposto ad un altro, per osservare il paesaggio che sta al di la di questi vetri abbiamo necessità che tutti siano il più possibile trasparenti, ne basta uno colorato o deformato per compromettere irreparabilmente il risultato finale. Se l’ultimo vetro (il diffusore) è trasparente vi metterà maggiormente in luce le qualità degli altri anelli della catena con facilità e spigliatezza ma in egual modo non vi nasconderà affatto le eventuali deformazioni/colorazioni dei vetri antecedenti. Tutti i diffusori di questa rosa sono stati scelti in funzione della loro effettiva trasparenza, in questo caso specifico tale caratteristica è a livello di assoluta eccellenza per cui Il pericolo principale con questi Grundig è quello di attribuire loro i difetti altrui. Una non adeguata installazione (la mancanza di un tappeto può essere già una ragione più che sufficiente per metterli da parte) o l’utilizzo con componenti non dotati di sonorità viene spietatamente evidenziato. Se invece sono collocati e pilotati in modo adeguato la “minimizzazione delle caratteristiche proprie”, punto cruciale dei diffusori facenti parte di questa rubrica, trova pieno riscontro. Tra i migliori del lotto. L’unico difetto veniale è quello dovuto alla deformazione d’immagine causata dal posizionamento degli altoparlanti che per quanto vicini tra loro non simulano la sorgente puntiforme come invece avviene sulle SL1000 (vedi AR n. 389). Per contro, sugli SL1000, non è presente quell’eccellente mid a cupola da 38mm di cui beneficiano questi due modelli e la cui influenza in gamma media è (positivamente) evidente. Un must per ottenere i migliori risultati da questi diffusori è quello di utilizzarli con il cavo Grundig originale, un cavo dotato di  caratteristiche di sonorità non comuni. In mancanza del cavo Grundig una valida alternativa odierna che consente, per le ridotte dimensioni, di impiegare i connettori punto-linea DIN è il Norstone CL150 un cavo ofc da 2 x 1,5mmq che mantiene una valida sonorità. Un cavo Grundig integro è merce rara e per questo motivo, se vi capita di provarlo, vi sconsiglio di tagliare gli originali connettori DIN plastificati. Per collegarlo al vostro amplificatore (in caso non sia dotato di uscite punto-linea DIN) è sufficiente usare degli appositi adattatori punto-linea usando uno spezzone di 15-20cm di cavo Norstone come raccordo.

Conclusioni
Due diffusori che a quattro decenni dalla loro commercializzazione presentano soluzioni ancora oggi innovative e sono ancora facilmente reperibili a costi molto accessibili. Purtroppo come al solito, data l’età, se ne trovano diversi esemplari manomessi, con connettori di ingresso sostituiti (a banana in luogo dei punto-linea DIN), con altoparlanti non originali, mancanti delle griglie anteriori, mancanti dei profili sui woofer, etc etc. In tutti questi casi vi consiglio di soprassedere: un componente capace di restituire sonorità lo fa sempre a fronte di un delicato e sottile equilibrio, basta pochissimo per comprometterlo. Prima di porsi alla ricerca di questi oggetti occorre essere ben consapevoli di una cosa: il loro principale pregio è anche il loro principale “difetto”. Non nascondono nulla. Questo è un grande pregio se ciò che li precede è di effettiva qualità ma con molti sistemi a monte questa caratteristica può rappresentare un problema.

Massimo Ambrosini