Grundig Box 2500a professional

Riporto sul sito, dopo cinque anni dalla pubblicazione sulla rivista Audio Review, alcuni miei articoli riguardanti i diffusori che più mi stanno a cuore. L’articolo a seguito lo trovate nella rubrica “SENZA SCADENZA” su AR n.393. E’ riportata in blu nel presente articolo una piccola integrazione rispetto a quanto pubblicato all’epoca sulla rivista.

Il modello maggiore della serie “a professional”, stessa cura costruttiva dei due modelli già visti con alcune varianti che lo rendono un progetto a se.

Il modello che andremo a prendere in esame questo mese è il top di gamma della serie “a professional” in produzione nel 1978-79. Perché analizzare separatamente questo modello rispetto ai Box 850a e Box 1500a già visti in precedenza su AR n.391? Semplicemente perché questo è un diffusore molto diverso dai suddetti due modelli monowoofer ed adatto solamente ad una ben specifica installazione, come vedremo a seguito. La mole del diffusore è decisamente maggiore di quella dei Box 1500a mentre le finiture adottate sono le medesime dei due modelli già visti: marrone metallizzato, grigio metallizzato “champagne”, grigio scuro “grafite”, simil legno. Dal 1975 il modello top di gamma Grundig ha sempre fatto uso di un singolo woofer da 25cm di diametro ad iniziare dai modelli maggiori dalla serie “audioprisma”,  poi a seguire con i Box 1000 (da non confondere con gli SL1000) a cui subentrarono i Box 1500 prima serie. In seguito con l’introduzione della serie “professional” (senza suffisso “a”) fu presentato, a settembre 1977, il primo diffusore Grundig utilizzante due woofer da 20cm per estendere maggiormente la risposta in gamma bassa: il Box 2500 Professional. I due woofer utilizzavano il medesimo volume interno ma non erano in parallelo bensì tagliati in alto a due frequenze ben diverse. La medesima soluzione, con minime varianti, venne adottata anche sul successivo Box 2500a professional, ovvero il modello di cui ci occuperemo in questo articolo. Siamo ormai arrivati all’epilogo di questa rubrica e in queste ultime due puntate prenderemo in esame due approcci diversi alla soluzione “doppio woofer” in sospensione pneumatica, questo progetto tedesco e un progetto inglese che presenta alcune differenti interpretazioni ed alcune similitudini. Entrambi adatti alla stessa tipologia di installazione, ed entrambi dotati di una valenza sonora “senza scadenza” che merita un’analisi attenta.

La tecnica

Il Box 2500a professional è un diffusore da 4 Ohm nominali a quattro vie (o tre vie e mezzo che dir si voglia) con caricamento in sospensione pneumatica. Utilizza i medesimi midrange e tweeter impiegati sui Box 850a e Box 1500a e due woofer da 20cm di diametro che lavorano nel medesimo volume ma filtrati a frequenze diverse: solo il woofer superiore incrocia il midrange mentre il woofer collocato in basso è tagliato con un passa basso a 300Hz. Entrambi hanno membrana in impasto di cellulosa con bobina mobile in alluminio da 25mm di diametro dotata di fori di sfiato per ridurre rumorosità e distorsione ed entrambi hanno le medesime caratteristiche (non era così sui Box 2500 professional ove i woofer avevano impedenza leggermente diversa). Midrange e tweeter sono a cupola morbida in tela trattata rispettivamente da 38mm e 19mm di diametro e sono filtrati a 1000Hz e 4500Hz. Il filtraggio è tutto a 12db/oct per le vie medioalte con inversione di fase del tweeter mentre è a 6dB/oct con cella di compensazione di impedenza per quanto riguarda i woofer. In realtà tali celle di compensazione utilizzando una resistenza di 1ohm, quindi molto inferiore alla Re dei woofer, non si comportano come reti di compensazione vere e proprie ma determinano un comportamento del filtro molto più simile a quello di un secondo ordine in cui tale resistenza è posta a smorzamento del Q del filtro. La sovrapposizione dell’emissione dei due woofer da 300Hz determina un effetto Møller ad iniziare circa da questa frequenza ma, lavorando i due woofer nello stesso volume, abbiamo altre due conseguenze, una positiva e una negativa: una estensione sul basso maggiore di quella della 1500a che trova riscontro in una risonanza a 63Hz con Qt=1,19 ma anche un funzionamento “da passivo” del woofer inferiore nella gamma che va dai 300Hz ai 1000Hz.

In tale banda l’altoparlante, essendo filtrato, non viene “visto” dall’amplificatore e quindi non ottiene alcun smorzamento da parte del medesimo ma viene a muoversi (come fosse un passivo appunto) a causa dello spostamento d’aria causata dal woofer superiore, determinando quindi una certa “sporcizia” in gamma medio-bassa. Un comportamento molto simile a quello che avrebbe un bass-reflex (convenzionale o con radiatore passivo) al di fuori della zona di accordo con l’unica differenza di avere, nel nostro caso, una lieve maggior attenuazione dovuta all’assorbente acustico con cui è riempito il volume interno del Box 2500a. Questa caratteristica rende questo modello, in questa gamma di frequenze, molto diverso dai due modelli monowoofer già visti. Un effetto che non si ha, se non in misura assolutamente minima, sull’Aktiv-box 40 (versione attiva dei Box 2500a utilizzante quattro amplificatori con crossover elettronico) in quanto l’amplificatore dedicato a quel woofer specifico, “vede” continuamente l’altoparlante e ne frena drasticamente il movimento indotto dal woofer superiore. La versione attiva presenta quindi un carattere molto diverso dalla passiva. Da quanto detto finora potrebbe quindi sembrare che il Box 2500a sia un diffusore non degno di far parte di questa rubrica ed invece vedremo nel prossimo paragrafo come, con una specifica collocazione, certe scelte vengano valorizzate minimizzando gli inconvenienti che comportano. Su questo modello si osserva dallo schema del filtro che (contrariamente ai Box 850a e 1500a) il tweeter viene attenuato con una resistenza da 1 Ohm (non presente nelle precedenti Box 2500 professional). Si osserva però anche un’altra cosa alquanto strana: in parallelo al condensatore del passa alto del midrange è posta una resistenza da 47 Ohm. Ciò significa che il midrange non è disaccoppiato dalla continua ma pur se molto attenuato, presenta uno zero dovuto al filtro posto a 225Hz! Considerato che l’emissione del mid a tali frequenze è veramente irrisoria, questo è un intervento le cui ragioni tecniche mi sfuggono. Eppure scollegando questa resistenza da 47 Ohm (la curiosità mi spinge sempre a verificare le cose apparentemente strane) i Box 2500a non suonano più con la musicale “rilassatezza” che li contraddistingue ma perdono qualcosa. Mi inchino di fronte alle “cose strane” e all’apparenza inspiegabili ma che funzionano all’ascolto in quanto evidentemente qualcuno con una visione più ampia della mia deve averle comprese nonché calcolate. Spostandoci su midrange e tweeter troviamo sempre i profili “a trombetta” che, come già visto sui due modelli minori, limitano l’emissione a filo pannello e quindi la diffrazione sui bordi del diffusore rappresentando una valida alternativa, sul piano della definizione, a chi ha utilizzato il feltro (BBC LS3/5A) o la spugna poliuretanica (IMF SC II) in prossimità del tweeter. Anche su questo modello sono presenti i correttori acustici costruiti in plastica rigida con rivestimento in metallo che coprono le sospensioni dei woofer limitando l’emissione non lineare delle medesime e rappresentando una soluzione acustica efficace nella lotta alle colorazioni. Tutti gli altoparlanti sono fissati a pannello tramite madreviti con dado, particolari che evidenziano la cura posta al fine di mantenere costanti nel tempo le prestazioni. A tal proposito vorrei segnalare che anche i condensatori elettrolitici (ROE e Frako) utilizzati sui crossover sono raramente fuori caratteristiche a ben 39 anni di distanza dalla loro costruzione, segno di una realizzazione molto ben sigillata dei medesimi. Ciò non deve essere un alibi per evitare di effettuarne una verifica del valore che è SEMPRE da fare su oggetti di questa età al fine di evitare sorprese. Qualcuno guasto mi è capitato (raramente), mentre molto più frequentemente ho avuto sorprese da elettrolitici Siemens (con valori totalmente sballati) che però, fortunatamente, non venivano quasi mai utilizzati in Grundig. Personalmente sconsiglio il ricappaggio selvaggio ma ancor più sconsiglio la sostituzione degli elettrolitici presenti con condensatori in poliestere o polipropilene se volete mantenere la sonorità di cui sono capaci i diffusori trattati in questa rubrica. Su questo modello il fissaggio crossover al mobile avviene, come su tutte le “professional”, con viti in ottone (non magnetiche) e con interposti, in questo caso, tre gommini. Anche in questo caso, come per gli altri diffusori di questo lotto che utilizzano questo fissaggio “elastico” del crossover, possiamo riscontrare all’ascolto come il diffusore trovi la sua ottimizzazione con accoppiamento diretto al piedistallo (ovvero senza feltrini interposti). Molta importanza veniva attribuita anche allo smorzamento meccanico dei singoli componenti ed infatti tutti i condensatori e le resistenze non appoggiano direttamente alla piastra in bachelite del filtro ma viene interposta una spugna gommosa, una raffinatezza (quasi esclusiva) che ritroviamo in tutti i diffusori di questo marchio di quel periodo storico. Essendo le bobine disposte molto vicine tra loro sul circuito stampato potrebbe sorgere il dubbio che possa esistere una mutua interferenza ma ciò non trova alcun riscontro dai rilievi strumentali: misurando una di queste induttanze, prima nella posizione in cui è montata a circuito stampato (lasciando collegate le altre al circuito) e poi posta a distanza dalle altre bobine si rileva un risultato coincidente al millesimo di mH (ovvero alla massima risoluzione del ponte RLC impiegato). Cito questo solo come curiosità tecnica in quanto la miglior dimostrazione che ciò che deve essere fatto lo sia nel modo adeguato la si ha all’ascolto. Perché se ci sono errori di progettazione o realizzazione, la sonorità da un diffusore state tranquilli che non esce.

Per chi ama i grafici di risposta in frequenza va rilevato che tutti i modelli della serie “a professional” presentano uno stretto buco a circa 6800Hz se la risposta è rilevata in asse a 1m, è però sufficiente fare i rilievi a distanza superiore ai 2m (sempre in asse al tweeter) e con griglia installata per far si che tale buco sparisca e la risposta globale assuma ottima linearità. E’ però lecito chiedersi: quanta valenza ha per un diffusore acustico un grafico di risposta in frequenza in ambiente anecoico? E’ una domanda dalla risposta tutt’altro che scontata. Vi sono diffusori molto lineari (magari ad eccezione del Qt sul basso che, per ragioni di adeguata compensazione in ambiente con diffusori sollevati a piedistallo, è volutamente pari o superiore all’unità) come possono essere i BBC LS3/5A o gli stessi diffusori Grundig “a professional” e che offrono, a fronte di tale linearità, anche validi risultati all’ascolto mentre ve ne sono altri che sicuramente non eccellono dal punto di vista della linearità di risposta in frequenza come ad esempio i Dahlquist DQ10 o peggio ancora i Klipsch Heresy visti sullo scorso numero di AR, che però sono entrati a far parte di questa selezione in quanto all’ascolto offrono un risultato di credibile omogeneità fra le gamme di frequenza e di apprezzabile sonorità se correttamente installati. Per contro esistono diversi odierni diffusori (anche di costo considerevole) con una risposta in frequenza che sembra tracciata col righello e che all’ascolto suonano asfittici, senza la benché minima propensione alla sonorità. Questo per dire che se vogliamo analizzare un diffusore in base ai grafici va bene, ma occorre non perdere mai di vista il fatto che l’orecchio è sovrano (cit. fonico Bruno Pupparo) ed è a questo che spetta l’ultima parola. A parere dello scrivente, per quanto ad oggi vi siano indagini strumentali molto approfondite (in funzione sia della frequenza che del tempo), queste sono purtroppo ancora ben poco rappresentative del reale modo di suonare di un componente elettroacustico. L’orecchio invece (se opportunamente allenato e non condizionato da altri fattori) riesce ad effettuare una sintesi valutativa pressoché perfetta e per una ragione direi banalmente ovvia: è lui l’utilizzatore finale e quindi non potrà mai esistere strumento più perfetto per stabilire le sue esigenze.

L’installazione

Per ottenere il meglio dai Box 2500a l’installazione più idonea è molto diversa da quella necessaria per la versione attiva di questo diffusore: mentre gli Aktiv-box 40 si trovano perfettamente a loro agio anche sui BF4 Grundig (piedistalli alti 12,5cm), per ottenere il miglior equilibrio e la conseguente miglior resa dai Box 2500a occorre sollevare il diffusore di circa 45-50cm dal pavimento e collocarlo a ridosso della parete di fondo utilizzando un drappeggio o un pannello assorbente interposto rispetto alla parete. A tal proposito un approccio anche esteticamente accettabile (il “wife acceptance factor” può essere determinante)  lo si può ottenere con quadri artistici in tessuto come quelli raffigurati. Questo diffusore richiede solo due rinforzi utili ambientali al fine di avere un’adeguata estensione in frequenza (vedi “l’equalizzatore non escludibile” su AR n.385 più addendum sul n.391), per cui trova adeguato impiego con installazioni tipo “caso C”. Se volete aggiungere un eventuale terzo rinforzo al limite inferiore della banda audio per ottenere la massima estensione in frequenza è sufficiente porre le pareti laterali a distanza compresa tra 150 e 160cm. E’ conveniente invece mantenere il punto di ascolto ben distante dalla parete alle proprie spalle (più di 2m) con questo diffusore. Le installazioni ove ho sentito esprimere al meglio i Box 2500a erano con diffusori installati su un lato “corto” (si fa per dire) di circa 6-7m in stanze profonde 8-10m e con punto di ascolto a metà stanza nel senso della profondità. Considerando la risonanza a 63Hz con un Qt= 1,19 avremo una f3 = fz = 46Hz da cui una distanza intermedia Z = 74cm a cui consegue una distanza minore X = 49cm che corrisponde ad un rinforzo fx a partire da 70Hz. Utilizzando un piedistallo da 45cm e ponendo il diffusore a ridosso della parete di fondo le due distanze che si vengono ad ottenere in tal modo rispetto alla distanza mediana dei due woofer sono: X=51cm, Z=69cm entrambe quindi tranquillamente approssimabili a quelle calcolate.

I Box 2500a sono tra loro identici ma non speculari avendo midrange e tweeter affiancati. Personalmente, soprattutto con piedistallo da 45cm ed installazione a ridosso della parete di fondo, ho trovato molto efficace una leggera (appena accennata) inclinazione di entrambi i diffusori verso destra (la nostra destra guardando i diffusori dal punto di ascolto) in modo da rendere paralleli alla parete posteriore i punti di emissione centrale delle cupole di midrange e tweeter ( qui un’immagine che rende meglio l’idea ). Questo equipara il tipo di emissione dei due diffusori rispetto alla parete vicina rendendoli di fatto due sorgenti identiche rispetto all’emissione nella stanza, come previsto dai presupposti della stereofonia. Ovvio che con tale particolare inclinazione il triangolo di ascolto dovrà essere isoscele con base ben più corta dei cateti per evitare di trovarsi eccessivamente fuori asse dai tweeter.
Vale a tal proposito quanto già visto nell’articolo dedicato ai Box850a – Box1500a. Stessa cosa dicasi per i “telai/griglie” anteriori che replicano quelli dei modelli minori e che vanno preferibilmente utilizzati durante l’ascolto essendo elementi determinanti per la riduzione della diffrazione sui bordi del diffusore.

L’ascolto

I Box 2500a non gradiscono affatto collocazioni approssimative e sono da questo punto di vista ancor più critiche delle loro sorelle minori. Per tale ragione la loro prestazione all’ascolto è fortemente determinata dal posizionamento descritto nel precedente paragrafo. Solo a tali condizioni trovano un equilibrio ed una sonorità degni di far parte di questa selezione. Quali le differenze rispetto ai due modelli minori se posti nelle rispettive migliori condizioni di installazione? Fondamentalmente la differenza è relativa alla lieve opacità nella zona 300-1000Hz dovuta alle ragioni descritte precedentemente, questa però diventa quasi trascurabile con la particolare installazione di cui sopra mentre può avere ben altra evidenza con diffusore installato in modo random. Quali sono le possibili alternative che mantengano una sonorità “senza scadenza” per una installazione “caso C” mantenendo i tweeter all’altezza delle orecchie? Abbiamo visto solo un caso con queste caratteristiche nelle puntate precedenti (il “diffusore ambiente” Boston A200) e solo un altro caso prenderemo in esame nell’ambito di questa rubrica nella puntata del prossimo mese, un diffusore esteticamente somigliante come disposizione degli altoparlanti ai Box2500a ma con alcune importanti diversità. Abbiamo visto anche un altro diffusore molto interessante per un “caso C” ovvero il TL800 Telefunken, il quale però presenta (se ottimizzato in ambiente) un tweeter molto vicino al pavimento, cosa che non è certo gradita a tutti. Questa selezione, ridotta a pochi modelli, può sembrare eccessiva (e sicuramente lo è per coloro che non hanno particolari esigenze), ma, per quanto possa sembrare “eretico”, occorre rilevare dai prodotti che ci ha consegnato la storia come il compito di riportare la naturale sonorità strumentale sia cosa tutt’altro che semplice e lo sia ancor meno quando si cerca di aumentare l’estensione in gamma bassa (mantenendo un caricamento in sospensione pneumatica). Molti sono stati i buoni diffusori che si sono visti negli ultimi 50 anni, ma se iniziamo a metterli sotto la lente di un orecchio critico pochi sono quelli che presentano qualità che vanno al di la del loro tempo tendendo cioè alla minimizzazione delle caratteristiche proprie, fattore essenziale per riportare una sonorità credibile. I Box 2500a se adeguatamente pilotati sono in grado di offrire un risultato notevole in ambienti fino a 80-100mq massimi offrendo anche dal punto di vista dinamico una più che valida prestazione con amplificazioni che non eccedano i 100W RMS/4Ohm. Servono però watt acusticamente raffinati e non solo “di spinta” come è purtroppo frequente ascoltare. La dinamica strumentale viene infatti riportata in modo naturale solo quando non si è in presenza di forzature: se l’elettronica incrudisce il suono rendendolo sgarbato, non ascolterete dinamica ma solo violenza acustica che vi causerà inoltre una cospicua fatica di ascolto. Nulla di tutto ciò ha a che vedere con la musica. Se adeguatamente pilotati i Box 2500a vi riporteranno in stanza un coro assolutamente credibile ma anche un gruppo jazz con strumenti svincolati dai diffusori e di apprezzabile sonorità e concretezza. Se poi volete ascoltarci “the wall” sfruttando la potenza del vostro ampli non vi deluderanno offrendovi un risultato tra i più convincenti (catena a monte permettendo). Come tutti i componenti presenti in questa rubrica, questi Grundig sono in grado di valorizzare al meglio i meriti di ciò che li precede ma altrettanto dicasi per i difetti che, state pur certi, non sfuggono.

Conclusioni

I Box 2500a non vanno scelti “perché sono i top di gamma Grundig”. No, non vanno meglio delle sorelle minori da nessun punto di vista, ma sono semplicemente una giusta scelta se si ha un’installazione con le particolari condizioni che abbiamo visto e in un ambiente di adeguata metratura. Nell’impossibilità di mettere in atto una di queste condizioni vi sconsiglio di mettervi alla ricerca di questo diffusore, non si adatta affatto ad altre esigenze. La reperibilità è ancora più che buona considerando l’età dell’oggetto per cui non avrete problemi in tal senso, attenzione come al solito ad eventuali manomissioni e…buon ascolto!

Massimo Ambrosini